Cappelli Giovanni (Grafica)

Biografia

(Cesena, 1923 – 1994). Avviato all’apprendistato come falegname, Giovanni Cappelli si iscrive, già diciassettenne, al Liceo Artistico di Bologna e prosegue la sua formazione seguendo i corsi della Scuola del Nudo tenuti da Virgilio Guidi presso l’Accademia di Belle Arti della stessa città. A Cesena, stringe sodalizio con Alberto Sughi e Luciano Caldari in nome di un’arte neorealista, condividendo con gli amici un atteggiamento non omologato a pur vicine tendenze ideologicamente e politicamente impegnate. Nel 1947 si trasferisce con Sughi a Torino e nel 1949, con Sughi e Caldari, a Roma dove frequenta gli artisti del Gruppo Arte Sociale e del Gruppo del Portonaccio. I soggetti delle sue prime opere sono figure e ambienti di una povera vita popolare, bracciantile o marinara, con inevitabili digressioni nel celebrazionismo dell’epopea resistenziale. Nel 1956 viene invitato alla Biennale di Venezia presieduta da Roberto Longhi. Nel 1959 si trasferisce a Milano e la sua pittura, abbandonata la stretta osservanza del verismo precedente, si concede a nuove sintesi formali in cui viene riportata, con accenti esistenzialistici mutuati da autori letterari come Sartre, Camus, Beckett e Pavese, la condizione di una umanità degradata ed emarginata ambientata in poveri interni o nelle tetre e opprimenti periferie milanesi. A partire dagli anni Settanta queste tensioni si stemperano in preziosi recuperi coloristici e in un cammino che è stato definito “dal buio alla luce” (Dino Formaggio). Gli ultimi anni di vita vengono trascorsi da Cappelli nel buen retiro di Fornico sul Lago di Garda. Cappelli ha esposto alla Quadriennale di Roma (1963), in varie sedi romagnole, è stato seguito da critici come Marco Valsecchi, Mario De Micheli e Raffaele Carrieri e ha tenuto a Palazzo dei Diamanti di Ferrara (1989) la sua più importante mostra personale. I suoi dipinti, dai soggetti figurativi, lasciano trasparire un sentimento doloroso: fiori dimenticati o avvolti nella carta di giornale, stanze soffocanti con un solo spiraglio di luce, personaggi seduti in uno spazio vuoto, con l’atteggiamento di chi è immobile e attonito. Tutti i suoi soggetti sono improntati all’essenzialità spoglia.